Perché la guerra in Ucraina può rappresentare una rivoluzione per il ransomware

“Mentre la situazione in Ucraina evolve, ci troviamo di fronte a una profonda incertezza. Forse per la prima volta stiamo guardando una guerra moderna svolgersi in una società altamente connessa, dove azioni e reazioni avvengono sotto gli occhi di tutto il mondo tramite TikTok, Facebook e Reddit”.
Inizia così la riflessione sulla guerra in Ucraina (e sulle sue possibili conseguenze a livello di cybersecurity) di Andrew Rose, Resident CISO EMEA di Proofpoint. Secondo Rose, oltre alla guerra tradizionale fatta di armi e soldati, anche l’universo cyber costituisce una parte crescente di un’offensiva realmente globale. Non si contano ormai i report relativi ad azioni di phishing che colpiscono via email sia il personale militare ucraino che i cittadini, oltre ad attacchi Distributed Denial of Service (DDoS) che travolgono i siti web per danneggiare il morale e la capacità di risposta delle vittime.
La Russia ha dichiarato che “non ha mai condotto e non conduce alcuna operazione malevola nel cyberspazio”, ma il contenuto è evidente e non mancano attori locali delle minacce (come il gruppo Conti), che hanno dichiarato il loro sostegno attivo alla causa russa minacciando ripercussioni per qualsiasi intervento informatico. Allo stesso modo, Mykhailo Fedorov, vice primo ministro dell’Ucraina, ha annunciato la formazione di un “esercito informatico” e ha fornito una lista di obiettivi prioritari, tra cui il governo russo e siti web aziendali.
Ad affiancare questo conflitto cybernetico c’è una maggiore visibilità delle sanzioni finanziarie, un’altra arma applicata globalmente contro gli aggressori russi. C’è la netta possibilità che entrambi gli scontri, cyber ed economico sotto forma di sanzioni, andranno avanti ben oltre la risoluzione di qualsiasi guerra terrestre e questo fornisce una prospettiva per capovolgere lo scenario delle minacce.
Fino ad oggi, i governi occidentali hanno sostanzialmente tollerato gli attacchi informatici preoccupandosi solo delle ripercussioni delle singole azioni, e si sono mostrati apparentemente poco disposti a lanciare una grande offensiva nel cyberspazio. Ora però che le linee del conflitto sono così chiaramente tracciate, c’è la possibilità che le offensive cibernetiche a livello di stati sorani diventino più evidenti e assumano un ruolo chiave nella vita quotidiana.
Possiamo sperare che questi attacchi siano puramente politici e rimangano lontani dalla vita quotidiana dei cittadini. Tuttavia, la prevalenza di Ransomware as a Service, e il continuo aumento degli attacchi a ospedali, snodi di trasporto e impianti idrici suggerisce che gli attacchi alle infrastrutture critiche sono certamente alla portata degli hacker di stato; attacchi che potrebbero costringere i paesi occidentali a convivere con blackout elettrici, ritardi nei trasporti e dissesti del sistema finanziario.
Ma la cosa più probabile è il cambiamento di policy che si verificherà per quanto riguarda i ransomware. I governi hanno finora tollerato che venissero effettuati significativi pagamenti agli attori di minacce russi per consentire alle aziende di operare (pensiamo solo a JBS Foods, che ha pagato 11 milioni di dollari a REvil, e Colonial Pipeline, che ne ha versati 4,4 milioni a Darkside). Poiché questi fondi con ogni probabilità arrivano in una giurisdizione chiaramente ostile e incentivata a ricorrere a metodi illegali per aggirare le sanzioni finanziarie, i governi occidentali devono tracciare una linea.
Le organizzazioni che finora hanno dimostrato un rispetto puramente verbale alla sicurezza informatica devono rapidamente cambiare atteggiamento. Questo conflitto ha il potenziale reale di aumentare la frequenza e la sofisticazione degli attacchi digitali, eliminando anche la possibilità di utilizzare semplicemente il denaro, o l’assicurazione, per comprare la propria via d’uscita da una violazione. Per le imprese la resilienza informatica diventerà un imperativo come il bilancio e possiamo aspettarci che i governi promuoveranno tale priorità.
Se però le aziende smetteranno di pagare i riscatti e miglioreranno sia la loro resilienza, sia la loro tolleranza alle interruzioni operative, come potranno finanziare la loro attività gli attori delle minacce? Forse prendendo di mira direttamente i grandi bacini di denaro digitale che si trovano attualmente nelle piattaforme di criptovalute, o spostando la loro attenzione dalle aziende ai singoli utenti, sostituendo un attacco da 10 milioni di dollari con diecimila attacchi da 1.000 dollari.
In questo momento, i CISO sono impegnati a capire come gestire le loro strutture e infrastrutture in Russia, mentre guardano nervosamente all’orizzonte per vedere se qualche cyberattacco militare si riverserà nel dominio aziendale. Molti hanno creato, o stanno preparando freneticamente, piani di ripiego a più livelli per proteggere la loro proposta di valore, identificando le diverse posizioni e controlli che possono adottare per isolarsi sempre più da qualsiasi minaccia globale pur continuando a operare.
È improbabile che qualsiasi attacco, quando arriverà, sia completamente nuovo, e i controlli di buon senso che abbiamo applicato per anni sono ancora fondamentali. Tuttavia, è essenziale che siano applicati con più cura ed efficacia che mai. Patching, backup, formazione, prevenzione del phishing, threat hunting ed esercitazioni di risposta agli incidenti fanno tutti parte del cuore di un’igiene informatica efficace e inderogabile che dovremmo implementare. La stessa cosa è successa con il COVID: eravamo tutti abituati a lavarci le mani, ma è stato solo quando l’abbiamo fatto con regolarità che questo è diventato un gesto veramente efficace.