C’è un nuovo pragmatismo nella mondo cloud. Sono finiti i giorni in cui l’ex CEO di AWS, Andy Jassy, definiva il cloud privato “arcaico” e lo liquidava come cloud “non reale”. Più recentemente, AWS ha introdotto una serie di nuove modalità (la partnership VMware, AWS Outposts, ecc.) perché le aziende bilancino le aspirazioni al cloud pubblico con le realtà dei data center privati in un modello ibrido.

Anche Microsoft sta facendo le cose in modo diverso rispetto al passato. Nel recente annuncio sugli ultimi dati finanziari, il CEO Satya Nadella ha insistito sul fatto che il mondo reale non è un mondo omogeneo di infrastrutture Microsoft: “è un mondo multicloud e multipiattaforma”. Ha ragione, ma forse non abbastanza. Per arrivarci, Microsoft e gli altri fornitori di servizi cloud potrebbero infatti voler imparare qualcosa da Google.

Un mercato troppo grande per un solo fornitore

Per quanto siamo soliti pubblicizzare le fortune finanziarie dei diversi fornitori di servizi cloud (la scorsa settimana Microsoft ha annunciato una crescita del 46% per il suo servizio cloud Azure e presto toccherà ai report di AWS, Google, Alibaba e altri), gli attuali ricavi del cloud rappresentano una piccola parte rispetto ai trilioni di spesa IT totale. Questo non significa che il cloud sia irrilevante; piuttosto, è un promemoria per ricordare che, per quanto il cloud sia importante per le organizzazioni che desiderano modernizzare la propria infrastruttura IT, abbiamo ancora molta strada da fare prima che il cloud diventi il modo predefinito di operare delle aziende.

Né è ragionevole, dal punto di vista di Nadella, aspettarsi che un solo cloud domini questo fiorente mercato. È qualcosa di troppo grande perché ciò possa avverarsi. Anche Jassy, rialzista com’era (ed è) sul cloud e sulle prospettive di AWS, si è affrettato a sottolineare nel 2017 che il cloud non è un mercato in cui un vincitore si prende tutto: “Non ci sarà un unico vincitore e, al tempo stesso, non ce ne saranno nemmeno 30: ci saranno semplicemente più attori in gioco e chi saranno questi vincitori deve ancora essere scritto”.

edge computing

Ma torniamo a Google, che nel 2019 faceva il colpaccio annunciando partnership con diverse società open source (tra cui MongoDB). In quell’occasione Google dichiarava che avrebbe offerto servizi gestiti gestiti da questi partner strettamente integrati in Google Cloud Platform (GCP), in modo da offrire un’esperienza utente unificata a livello di gestione, fatturazione e supporto.

A mio avviso Google voleva davvero soddisfare la richiesta dei clienti “di poter utilizzare la tecnologia open source facilmente e in modo cloud-native”. Come mi disse all’epoca Chris DiBona di Google, le partnership non erano “una sorta di generosa magia” ma piuttosto un modo per “dare ai clienti ciò che vogliono”. Ma esattamente cosa vogliono i clienti? Le aziende desiderano eseguire la migliore infrastruttura e le migliori applicazioni possibili per servire i propri clienti in modo migliore, più velocemente e a costi inferiori. Nessun singolo provider, cloud o altro, sarà in grado di fornire da solo tutto questo valore.

P sta per piattaforma (e partner)

Questo non riguarda comunque solo Google. La scorsa settimana, AWS e Confluent hanno annunciato un accordo di collaborazione strategica (SCA), del quale però non abbiamo ulteriori dettagli. Sappiamo solo che in un accordo di questo tipo AWS e il partner si impegnano a fare determinati investimenti e impegni per servire meglio i clienti.

Uno SCA è un segnale forte del fatto che AWS, nonostante abbia più di 200 servizi molti dei quali in concorrenza con questi partner, ha capito di non essere l’unica fonte di valore per i suoi clienti. Sebbene non conosciamo i termini dell’accordo, sappiamo che, nonostante la concorrenza diretta con la stessa Confluent (AWS Managed Service for Kafka), AWS sta impegnando risorse per aiutare a guidare il successo di Confluent.

Ciascuno dei grandi fornitori di cloud ha imparato (o sta imparando) come collaborare e per soddisfare le esigenze dei clienti esistenti e futuri. Questo non è troppo distante da ciò che ha recentemente affermato Erik Bernhardsson, l’ex CTO di Better.com, secondo cui “i fornitori di cloud si concentreranno sempre più sugli strati più bassi dello stack, mentre altri fornitori di software puro costruiranno tutto su di esso”. Non c’è ancora un segnale chiaro che i grandi fornitori cloud stiano facendo un passo indietro per concentrarsi sui loro servizi principali, ma con un mercato IT così vasto, ci sono ampie ragioni per credere che dovrebbero farlo. Ecco perché secondo me il cloud destinato a vincere sarà quello che riuscirà a sfruttare meglio le partnership.