Collaboration e smart working per attirare talenti

Il trend che ha investito il mondo del lavoro è stato infatti recepito anche dal governo italiano con un disegno di legge approvato il 28 gennaio dal Consiglio dei Ministri. Nella norma si parla chiaramente di incremento di produttività e conciliazione del lavoro con la vita privata, mentre le retribuzioni sono equiparate alle modalità tradizionali. I diritti non vengono toccati e le responsabilità sono equamente distribuite tra lavoratore e azienda. Questo mentre nel mondo, secondo IDC, un terzo dei lavori ha già caratteristiche di agilità e flessibilità e non è legato a una postazione fissa.
Anche in Italia non mancano i primi esperimenti concreti, visto che recenti studi hanno evidenziato come nel nostro Paese, metà delle grandi aziende sta avviando progetti di smart working, a partire dalle banche, le cui modalità operative sono al centro di una profondissima trasformazione.
Metà delle grandi aziende italiane sta avviando progetti di smart working
Perché proprio di questo si tratta. Non solo di un tentativo di inseguire risparmi sul mantenimento degli immobili, ma di completare la trasformazione digitale interessando anche la scelta di ambienti più a misura d’uomo e capaci di stimolare la creatività e modalità di lavoro meno rigide e più confacenti a una società liquida come quella del nostro tempo.
In questo fanno scuola le grandi aziende d’oltreoceano più orientate all’innovazione, ma anche le piccole startup più brillanti, talvolta per necessità. Non è un caso che siano soprattutto queste aziende ad attirare l’interesse dei millennials. Impossibile, infatti, convincere oggi un giovane talento a mettere in gioco la sua creatività in un ambiente tradizionale e vincolante, ristretto nello spazio e nel tempo. I giovani cercano stimoli che solo una profonda digital transformation può offrire.
Proprio di questa trasformazione ha parlato Cisco nell’evento DigitalisationNOW, realizzato insieme a IDC. L’azienda, che ha la sede e un avanzato laboratorio di ricerca a Vimercate, deve molto del suo successo a soluzioni di telepresenza, unified collaboration e networking, come quelle che ha messo in campo nella realizzazione di Expo 2015, che restano gli elementi abilitanti di qualsiasi progetto per l’evoluzione in senso flessibile degli ambienti di lavoro.
Peraltro smart working significa anche pari opportunità di accesso al mondo del lavoro. Scriveva qualche tempo fa Agostino Santoni, attuale Amministratore delegato di Cisco Italia: “Pensiamo in particolare alle donne, perché riteniamo che realizzare lo smart working possa essere la chiave di volta per favorire la presenza femminile nel mondo del lavoro, in tutti i settori.”
“riteniamo che realizzare lo smart working possa essere la chiave di volta per favorire la presenza femminile nel mondo del lavoro”
Il 2016 sembra l’anno giusto per molte aziende interessate a dar vita a progetti di questa natura, ottenendo sicuri vantaggi in termini di incremento della produttività e, secondo la legge appena varata, anche importanti sgravi fiscali.
Il tema resta comunque delicato per molte aziende in cui l’età media dei lavoratori è piuttosto alta. In queste aziende, e soprattutto nel management di medio livello, ci sono forti resistenze al cambiamento. La posta in gioco però è altrettanto alta e le ottimizzazioni sono state quantificate in vantaggi per il sistema paese di oltre 35 miliardi di euro. Per questo le imprese che per prime hanno sperimentato il cambio di paradigma si sono preoccupate di coinvolgere tutti i soggetti interessati e spiegare i vantaggi della nuova situazione, a partire da chi aveva mansioni di responsabilità e temeva di non riuscire a controllare i dipendenti a distanza e valutarne la produttività.
Oggi la tecnologia rende tutto questo possibile e perfino i legislatori ne hanno finalmente preso atto.