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New Normal o Next Normal? Di certo lo Smart Working è qui per restare

NFON new normal next normal smart working
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A fine emergenza in Italia i lavoratori da remoto saranno 10 volte di più che nel pre-Covid: una sfida che richiede un mix vincente tra nuove metodologie e tecnologia

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In un periodo come questo di nuovi lockdown, è normale voler pensare al “dopo”, a quando finalmente l’emergenza sanitaria sarà finita. Ma in effetti è da marzo che moltissimi analisti si sono concentrati su questo aspetto, tanto che addirittura sono emerse due espressioni diverse per gli scenari post-Covid, in particolare per l’organizzazione del lavoro: “new normal” e “next normal”.

Il primo è sicuramente più usato, ma il secondo secondo i suoi sostenitori è più indicato, perché parlare di nuova normalità è prematuro. In questo momento infatti non è ancora chiaro quali siano le strategie più indicate per la gestione dei dipendenti e del lavoro nel mondo post Covid-19, che sicuramente vedrà per anni cambiamenti e aggiustamenti continui.

Da 570mila a 6,58 milioni di smart worker in cinque mesi

L’emergenza sanitaria ha evidenziato un’improvvisa inadeguatezza dell’organizzazione del lavoro nelle aziende, e le ha costrette a cambiare in modo irreversibile attraverso lo smart working. Alcune hanno dovuto improvvisare piani da zero, altre hanno ampliato iniziative già esistenti, risentendo meno contraccolpi sulla produttività e la continuità del business. A questo punto è difficile prevedere cosa accadrà nel “new normal”. Probabilmente assisteremo a molti e diversi esperimenti per conciliare lavoro d’ufficio e smart working. Ma una cosa appare sicura: non torneremo alla situazione pre-Covid.

Un’autorevole conferma viene dal recentissimo Osservatorio Smart Working del Politecnico di Milano (ne abbiamo parlato qui), secondo cui tra novembre 2019 e aprile 2020 gli smart worker o “lavoratori agili” in Italia sono più che decuplicati: da 570mila a 6,58 milioni. Nel momento di picco addirittura il 97% delle grandi imprese, il 94% degli enti pubblici e il 58% delle PMI ha attivato iniziative di smart working. Ma il dato più importante dell’Osservatorio è che nella “normalità post-Covid” gli smart worker si stabilizzeranno intorno a quota 5,35 milioni, quindi molto più vicino al picco di aprile che al pre-Covid.

Lo smart working, insomma, è qui per restare. Per adattarsi a questa “nuova normalità” del lavoro il 70% delle grandi imprese aumenterà le giornate medie di lavoro da remoto da uno a 2,7 giorni alla settimana, e una su due modificherà gli spazi fisici. Mentre nelle PA aumenteranno le persone coinvolte nei progetti (72%) e si lavorerà da remoto in media 1,4 giorni alla settimana rispetto alla giornata media attuale. Solo l’11% delle aziende pensa che tornerà a lavorare come prima.

“L’emergenza Covid-19 ha accelerato una trasformazione del modello di organizzazione del lavoro che in tempi normali avrebbe richiesto anni, dimostrando che lo Smart Working può riguardare una platea potenzialmente molto ampia di lavoratori, a patto di digitalizzare i processi e dotare il personale di strumenti e competenze adeguate”, ha detto Mariano Corso, Responsabile scientifico dell’Osservatorio.

Una rivoluzione culturale, ma la tecnologia è decisiva

La vera rivoluzione è quindi culturale. Lo stato di necessità ha costretto molti manager scettici a sperimentare modelli di lavoro flessibile, e i timori di cali di produttività e difficoltà di controllo sono stati spazzati via. Resta il fatto però che un modello di gestione del lavoro così nuovo comporta oltre ai benefici anche importanti sfide: dalla necessità di approntare una piattaforma tecnologica che garantisca performance e sicurezza anche se i lavoratori si connettono ai sistemi aziendali da casa, a quella di definire per ciascuno il giusto carico di lavoro ogni giorno.

Non per niente i maggiori problemi rilevati dall’Osservatorio tra gli smart worker delle grandi imprese sono proprio la difficoltà a separare lavoro e tempo libero (58%), e la disparità del carico di lavoro fra alcuni lavoratori meno impegnati e altri sovraccaricati (40%).

L’organizzazione del lavoro, una disciplina più che secolare, si trova così davanti alla nuova sfida di gestire i lavoratori da remoto, mantenendo i ritmi di lavoro e la collaborazione tra dipendenti che si trovano ciascuno in una diversa location.

Per questo occorrerà una nuova generazione di metodologie manageriali, ma la tecnologia è un presupposto decisivo, grazie a strumenti che permettono di tracciare lo stato di avanzamento del lavoro del team e riadattare rapidamente obiettivi e priorità. Le varie soluzioni di collaborazione da remoto permettono inoltre una facile e rapida comunicazione tra il team, con la possibilità di videoconferenze ed eventi online che contribuiscono a creare un ‘‘ufficio virtuale’’ che probabilmente costituirà in molti casi il “new normal” delle riunioni di lavoro nel post-Covid.

Soluzioni per lavorare in qualsiasi luogo e momento

In questo scenario l’offerta di NFON si inserisce perfettamente: fin dal 2007 il vendor tedesco ha sempre avuto l’obiettivo di proporre soluzioni che permettono di coordinare il lavoro in qualsiasi luogo e in qualsiasi momento venga svolto. Sono soluzioni nate per favorire la collaborazione – dalle riunioni virtuali alle conferenze – e abilitare indifferentemente diversi canali, dal telefono all’email alla messaggistica istantanea, in funzione dello stato della connessione e della comodità del momento.

In particolare Cloudya, il centralino telefonico in cloud che costituisce l’offerta principale di NFON, permette alle aziende di stabilire linee di conversazione aperte, sia tra i team interni che con i clienti: le sue funzionalità di telefonia professionale possono poi essere integrate con quelle di collaborazione di Microsoft Teams, senza dover acquistare hardware, grazie a Nvoice for Microsoft Teams. Insieme, spiega NFON, questi due strumenti offrono un’esperienza davvero senza interruzioni per tutti gli utenti, che lavorino a casa, in ufficio o in viaggio.

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Aziende:
Nfon
// Data pubblicazione: 10.11.2020
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