I Big Data tra sicurezza e gap generazionale

L’analisi dei Big Data può fornire può fornire alle aziende un prezioso vantaggio competitivo. Ma i risultati ottenuti spesso non sono protetti con le necessarie misure di sicurezza. E’ quanto emerge da uno studio di IDG Enterprise, che ha coinvolto 724 IT decision maker provenienti da diversi settori.
Solo il 39% degli intervistati sostiene che la sua azienda protegge i risultati delle analisi di Big Data con misure di sicurezza alternative o aggiuntive rispetto a quelle tradizionali. Molte aziende ritengono infatti che le misure che utilizzano per proteggere i dati “grezzi” sono adeguate anche per i risultati delle analisi.
Gli approcci più diffusi per proteggere i risultati ottenuti dalle analisi sono controlli di identità e accessi e crittografia dei dati.
Lo studio ha rilevato anche una differenza “generazionale” nell’approccio ai Big Data. I professionisti IT di età compresa tra i 18 a i 34 anno sono molto più ottimisti rispetto ai colleghi più anziani sul fatto che i Big Data analytics cambieranno radicalmente il modo di fare business nei prossimi anni.
L’indagine ha rilevato che i manager IT con un’età superiore ai 34 anni sono più scettici circa il potere di trasformazione dei Big Data. Una possibile spiegazione di questo fatto, si legge nel report di IDG, è che i manager con più esperienza “durante la loro carriera hanno visto molte tecnologie definite come ‘di trasformazione’. E’ possibile che siano semplicemente meno disposti a prevedere che una particolare tendenza…sarà una fonte di cambiamento radicale”.
Il report comprende anche:
- i principali obiettivi di business per iniziative basate sui dati
- le difficoltà legate di progetti legati ai Big Data
- come l’IT sta gestendo la sicurezza dei Big Data